Per spiegare i pesanti rischi connessi al BIOGAS vi invitiamo a leggere le risposte alle seguenti 3 domande:

  1. Quali rischi per l'ambiente sono connessi al biogas e perché si parla di pericoli per la salute?
  2. C'è davvero bisogno di queste centrali per risolvere l'emergenza rifiuti?
  3. C'è davvero bisogno di queste centrali per produrre energia?
Domande e risposte sono tratte dal VADEMECUM BIOGAS E BIOMASSE, documento a cura del Gruppo di Studio Comitatibiogas Manziana redatto con la collaborazione del Professor Gianni Tamino (biologo di fama internazionale, ordinario presso l'Università di Padova e membro del Comitato scientifico dell'Associazione italiana medici per l'ambiente-Isde (International Society of Doctors for the Enviroment) del Dottor Mauro Mocci, della Dottoressa Antonella Litta, del Professor Michele Corti e del Professore Avvocato Michele Greco. Il VADEMECUM per saperne di più su biogas e biomasse nasce con l'obiettivo di diventare uno strumento di sostegno ai cittadini e ai comitati che desiderano acquisire informazioni da fonti autorevoli e indipendenti da logiche affaristiche.

1.  Quali rischi per l'ambiente sono connessi al biogas e perché si parla di pericoli per la salute?Indice

Per alimentare una centrale da 1 MW (1 megawatt) a colture dedicate serve coltivare circa 300 ettari di terreno (per esempio a mais). Poiché i vegetali necessari per la fermentazione non sono destinati all'alimentazione umana e poiché quello che conta è la resa, i terreni coltivati vengono irrorati con dosi massicce di fertilizzanti e di pesticidi, che finiscono per inquinare il terreno stesso e le falde acquifere sottostanti e impoverire drammaticamente la fertilità dei terreni portandoli all'erosione.
La stessa combustione del "biogas" è fonte di emissioni tossiche. Il biogas è più inquinante del metano perché contiene metano soltanto al 55-60%. I limiti di legge che si basano sulla quantità di sostanze inquinanti per metro cubo, ignorano che il calcolo reale andrebbe fatto sul totale di metri cubi prodotti in un anno.

Gli impianti di bio-digestione non riescono a neutralizzare completamente i batteri presenti, in particolare, come già detto, i clostridi che sono batteri termoresistenti (a questa famiglia appartengono i batteri che provocano botulismo e tetano).

Nel processo anaerobico di produzione di biometano si creano nel digestore le stesse condizioni favorevoli allo sviluppo delle spore, presenti sia nella produzione dell'insilato, sia nell'apparato digerente dei ruminanti. Questi batteri sono presenti nel digestato finale, cioè nello scarto dei digestori che viene successivamente spacciato come compost da smaltire nei terreni agricoli. E così terreni salubri diventano a rischio contaminazione.

In Germania alcuni ricercatori hanno suggerito che l'epidemia di Escherichia Coli che ha colpito la Germania nell'estate del 2011, causando 18 morti e le migliaia di casi di botulismo osservato negli animali tra l'estate del 2011 e l'inizio del 2012, sarebbero state causate dalla presenza di centrali a biogas. Le quantità annue di inquinanti immessi in atmosfera sono rilevanti: tonnellate di sostanze pericolose come ossidi d'azoto e zolfo inquinano ambiente e popolazione, e producono piogge acide. In estate la situazione peggiora e abbiamo in particolare l'ozono, che è un inquinante secondario derivato da emissione di ossidi d'azoto.
Sulla base del biogas bruciato (circa 8,5 milioni di metri cubi) e del contenuto medio in metano (tra 50 e 65 %), si può affermare con una certa approssimazione, che un motore di quasi 1 MW brucerà un quantitativo di metano equivalente a quello di circa 1.500 case di oltre 100 metri quadrati di superficie (consumo annuo di circa 1.600 metri cubi) ciascuna, ma con le emissioni sommate e concentrate in un solo punto.
Va tenuto presente che molti territori in Italia, come in particolare l'Alto Lazio, presentano delle fragilità drammatiche che, unite ai cambiamenti climatici in atto, promettono un futuro allarmante.
Molte fonti d'inquinamento sia di origine naturale che purtroppo legate alle attività industriali (radon, arsenico, emissioni tossiche continue, inquinamento falde acquifere, presenza di micro cistine tossico-cancerogene nei sistemi idrici, siti inquinati da precedenti stoccaggi di armi chimiche, sversamenti in cave dismesse di rifiuti tossici, percolati, ecc.) stanno mettendo a durissima prova il delicato equilibrio degli organismi viventi, e quindi dell'interazione ambiente-salute-futuro.

Le centrali a biogas perciò non sono affatto innocue. La fermentazione anaerobica favorisce la produzione di batteri sporigeni anaerobi come il clostridium botulinum che, attraverso il digestato successivamente sparso sui campi come concime può determinare problemi anche mortali negli animali d'allevamento, specie volatili, e anche per le persone.
Premesso che i territori in generale presentano già da anni rilevanti problematiche di inquinamento ambientale che generano un effetto anche di tipo cumulativo e considerata l'alta percentuale di gravi patologie anche mortali legate proprio all'inquinamento dell'aria e delle acque (presenza di arsenico nelle acque destinate a consumo umano) soprattutto nei bambini, il cittadino dovrà chiedersi che tipo di responsabilità si stanno assumendo politici o amministratori nel favorire la proliferazioni di queste centrali. Per non parlare del fragile quanto delicato rapporto tra le percentuali di anidride carbonica (CO2) ed ossigeno (O2) che sta cambiando progressivamente a causa della progressiva sottrazione di aree verdi e di deforestazione che incrementano l'effetto serra con le sue drammatiche conseguenze per la vita del pianeta e per la stessa sopravvivenza della specie umana e dell'intera biosfera.
Convegni, studi e articoli scientifici sui rischi sanitari e ambientali derivanti dall'attività di queste centrali non promettono nessuna sicurezza "al di là di ogni ragionevole dubbio", anzi, mettono in guardia su fatali e irreversibili danni a medio e lungo termine.
Esiste inoltre tutta una casistica di incidenti vari (esplosioni, fuoriuscita di predigestato dalle vasche di fermentazione, danni alle persone, ecc.) che rappresentano pericoli anche nel breve termine.

2.  C'è davvero bisogno di queste centrali per risolvere l'emergenza rifiuti?Indice

NO.
Per affrontare il problema dei rifiuti, non servono le centrali a biogas da rifiuti organici (Forsu), ma un corretto piano di gestione del ciclo dei rifiuti che rispetti in modo rigoroso l'ordine gerarchico degli interventi previsti dalla Comunità Europea: riduzione, riuso, riciclo. Peraltro, anche la normativa italiana prevede l'applicazione di tutte quelle iniziative dirette a favorire prioritariamente la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti (D.L. 3 aprile 2006, n. 152, Art. 179, 1,). Il ciclo di vita delle risorse va considerato a monte (dalle politiche industriali) e a valle (con le buone pratiche), con l'obiettivo di ridurre i rifiuti e di ricreare i cicli che esistono in natura. Va inoltre ricordato che quasi il 50% dei rifiuti domestici è costituito da imballaggi, tanto che l'Europa ha registrato dei progressi sul versante dei rifiuti da imballaggio. Molti paesi, conformemente alla Direttiva europea del 1994 e successive modificazioni sui rifiuti da imballaggio, hanno rispettato gli obiettivi di riciclaggio, ma non l'Italia. Quanto alla frazione organica (umido) è necessario far funzionare un serrato porta a porta che differenzi perfettamente l'umido da conferire in un impianto di trattamento aerobico da cui si otterrebbe un compost di qualità da utilizzare come fertilizzante biologico. Oggi, ben l'89% dei rifiuti solidi urbani è riciclabile. Ad esempio il 30% è biodegradabile (frazione umida, detta anche Forsu). Gli altri materiali (carta, plastica, vetro, metallo, etc.) sono tutti recuperabili, riutilizzabili, riciclabili, senza che nulla giunga in discarica per lo smaltimento. Necessario sarebbe contrastare, o meglio, rendere illegale, la diffusione di prodotti che - per cattiva progettazione industriale - non sono riutilizzabili (l'11%). Da un punto di vista energetico, tra l'altro, il recupero con i diversi sistemi di gestione dei rifiuti è eloquente. Nelle discariche il recupero energetico è inesistente, col riciclaggio si ha un recupero del 60% contro il 90% che si ha col riuso. Quindi, l'obiettivo non può essere il biogas da discarica, bensì non buttare in discarica i rifiuti.

Lo stato d'emergenza invocato dai molti politici e amministratori, apre la porta al malaffare, al profitto di pochi, e protrae nel tempo politiche dannose e non risolutive, a favore della produzione dei rifiuti. Peraltro, i danni prodotti dagli "stati d'emergenza" dei rifiuti, richiedono alla Natura tempi di riparazione incalcolabili, a danno dell'ambiente e delle specie, compresa quella umana.

3.  C'è davvero bisogno di queste centrali per produrre energia?Indice

NO.
Nuove centrali non servono e andrebbero chiuse quelle più inquinanti.
L'Alto Lazio, in particolare, ha il più grande polo energetico d'Europa (centrali di Civitavecchia e Montalto di Castro) e quindi non corrisponde a realtà il bisogno di ulteriore produzione di energia elettrica. Invece c'è bisogno di passare alla produzione energetica da fonti rinnovabili.

Biomasse e biogas non sono fonti rinnovabili, solo solare ed eolico sono le uniche fonti davvero rinnovabili.

Comitato Anzio, NO Biogas  -  Presidente: Mariateresa Russo valid html  valid css